Nei primi anni 2000, agli albori del web, nei forum, nelle chatroom e nelle mailing list, stavano nascendo i canoni della comunicazione interpersonale uno-ad-uno, uno-a-molti e molti-a-molti. Si parlava di Netiquette proprio come ‘etichetta di comunicazione’ a cui attenersi per la scrittura sul web.
Per molti anni, per una serie di ragioni in gran parte lato tecnico, la scrittura sul web 1.0 era non SEO, molti dei siti presenti sul web non erano indicizzabili. A partire dalla fine degli anni novanta infatti molti progettavano siti web a livello di grafica, contenuti ed esperienza di navigazione, senza tenere in considerazione il ruolo dei motori di ricerca. C’era infatti già molto da fare per offrire pagine leggibili dai diversi browser. Nel 1994 era nato Netscape Navigator, nel 1995 Internet Explorer.
Tuttavia, già a partire dalla metà degli anni ’90, molti cominciarono a porre l’attenzione sulle peculiarità della scrittura web in relazione al contesto di fruizione e alle relazioni fra le entità in gioco. Si cominciò così a parlare di ottimizzazione di contenuti, per cominciare a sfruttare le enormi possibilità offerte dagli ipertesti in ambito world wide web.
Nei primi anni 2000 sul web si costruivano siti in Adobe Flash, Macromedia Shockwave ed altri linguaggi di sviluppo frontend, senza che il testo fosse presente nel codice della pagina, puntando solamente all’impatto grafico. Di fatto, per il nascente parterre dei motori di ricerca (Altavista, uno dei primi motori che si diffonde in Italia, nasce nel 1995, Google nel 1998) era impossibile individuare questi siti e la loro sitemap per procedere all’indicizzazione. L’unica soluzione era quella di cercare di diffondere le URL del sito attraverso directories e piattaforme online per lo scambio link.
Dopo Blogger (1999), la prima piattaforma dedicata al blogging di Google, nel maggio 2003 nasce WordPress, e pochi mesi dopo, in agosto, viene alla luce MySpace, il primo social network con un’importante diffusione di massa, che dà spazio in ambito musicale a band, artisti, fan e profili di singoli utenti. A partire dal 2005 su internet si moltiplicano le piattaforme dedicate all’open publishing. La moltitudine prende dimestichezza con la rete. A fianco della lingua ufficiale – i testi argomentativi e descrittivi sulle colonne dei quotidiani online, la scrittura web in lingua italiana assume molteplici forme, si confronta e si evolve.
Nel frattempo sui forum, oltre che a prendere dimestichezza con quella forma di scrittura web che poi sarebbe diventata tipica dei social, si organizzavano macro aree in categorie e sotto-categorie, ragionando di tassonomie e struttura dei contenuti, linkando fra di loro i contenuti presenti sullo stesso sito (sitemap, link interni).
Nei primi anni 2000 si comincia a parlare di web semantico. Tuttavia dovremo aspettare almeno 10-15 anni perché i linguaggi, le architetture e le piattaforme web si adeguino realmente ai nuovi parametri.
Già da qualche anno, a partire dalla fine dei ’90, il termine SEO – Search Engine Optimization, aveva cominciato a diffondersi.
Il Web Semantico o Web 3.0 nasce con lo scopo di rendere i contenuti presenti su Internet, scansionabili, leggibili, indicizzabili. La grande intuizione è quella di introdurre un nuovo markup nell’html, quello relativo ai metadati. Grazie all’invenzione nel 2015 di Resource Description Framework e nel 2012 di Web Ontology Language il web semantico può descrivere concetti, relazioni tra entità e categorie di oggetti, persone, località, servizi. Siamo davvero alle basi delle idee che attualmente stanno dietro agli algoritmi che gestiscono il ranking tenendo in considerazione la semantica incorporata nelle pagine web.
Con il web semantico il ruolo dei motori di ricerca diventa predominante nell’esperienza di navigazione web, così come in quella di scrittura web. Adesso la macchina impara e ragiona: i motori di ricerca sono uno degli esempi di utilizzo massivo del machine learning. il ragionamento sui dati viene esteso a fonti di dati eterogenee, che una volta elaborati possono essere ricondivisi all’interno di altre piattaforme, al servizio del singolo, delle imprese e delle comunità.
Prima di cominciare a scrivere o editare un contenuto pubblicato o da pubblicare online, è necessario capire di che tipo di testo si tratta. In questo ambito, la fase iniziale di analisi ci serve da faro, luce guida durante il processo di stesura del testo.
Attraverso l’analisi capiremo precisamente:
Molte delle risposte a queste domande sono legate al sito web su cui andiamo ad operare. A livello semantico è anzitutto necessario capire a che punto ci troviamo rispetto ai contenuti già presenti sul sito. Si tratta di un argomento nuovo e mai affrontato? Quali sono i legami tra il nuovo topic e i contenuti già presenti sul sito, in particolare quelli più visitati?
Individuando queste relazioni tra entità prima della stesura di un testo SEO, non avremo soltanto fissato alcuni appunti pre creare link interni, collegamenti tra le pagine. Dietro a questi ragionamenti sulla relazione tra i contenuti di un sito web, c’è espresso in potenza un percorso di navigazione del sito, per aumentare i tempi di permanenza e diminuire il bounce rate. E poi, perché no, dalla scrittura dei contenuti si traggono importanti spunti per la ri-organizzazione delle tassonomie dell’intero sito web.
L’analisi prima della scrittura SEO è sempre più importante in tutti gli ambiti: dal giornalismo online al commercio elettronico, passando per i siti delle pubbliche amministrazioni. Ci rende capaci di capire su che macchina viaggiamo – qual è lo stato di salute a livello di SEO tecnica del sito che ospiterà il contenuto che andremo a pubblicare. Sono tutti dettagli importanti, che agiscono dentro e fuori del testo, quanto più quel testo sia parte di un marchingegno più grande costruito per convertire. Convincere lettori a diventare utenti iscritti, o , in caso di una product description, potenziali clienti ad acquistare.
Vediamo di seguito alcuni esempi dei diversi ambiti della scrittura SEO sul web:
La scrittura web non si improvvisa. Si parte analizzando le finalità di ricerca. Studiamo i competitor di successo, ed estendiamo l’analisi competitiva a quegli esempi virtuosi di posizionamento organico in altri ambiti, che siano di spunto per:
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